Ministro, colleghi e rappresentati del governo tutti,
esattamente un secolo fa il mondo intero fu colpito da una influenza – poi ribattezzata “spagnola” – che nel giro di due anni infettò 500 milioni di persone (un quarto della popolazione mondiale), uccidendone 50 milioni. Fu la più grave pandemia della Storia dell’Umanità.
Oggi ci troviamo nel pieno di una nuova pandemia: a distanza di quasi un anno dal paziente zero, il COVID-19 ha colpito già circa 50 milioni di persone in tutto il mondo, causando la morte di 1,2 milioni di persone.
La differenza fondamentale tra oggi e cento anni fa sta nelle decisioni che possiamo prendere, sia a livello nazionale sia a livello mondiale. Ed ora abbiamo la possibilità di scegliere: tentare di governare il fenomeno o subirne semplicemente le conseguenze?
Va da sé che per uno Stato evoluto, democratico e responsabile la scelta non può che essere una nella consapevolezza che ogni soluzione comporta sempre dei limiti: dobbiamo governare il fenomeno.
Come ha ricordato il Presidente Conte lunedì scorso in quest’Aula, a marzo eravamo posti di fronte a un evento travolgente, in assenza di un piano operativo puntualmente e dettagliatamente certificato sul piano scientifico, sprovvisti di un sistema di monitoraggio sofisticato.
Un lockdown generalizzato su tutto il territorio nazionale a marzo, era l’unico modo per governare il fenomeno, l’unico modo per “appiattire la curva” dei contagi: bisognava aggredire subito il problema.
Ma il compito che dobbiamo svolgere, era chiaro sin dall’inizio di questa pandemia: fino a quando non ci sarà un vaccino per debellare il Coronavirus, la Politica è chiamata a combattere una crisi sanitaria che le si presentava, innanzitutto, come una crisi ospedaliera. Una crisi che è anche il frutto di anni di tagli e definanziamenti a discapito della nostra sanità e della rete di assistenza territoriale.
E il loro progressivo smantellamento, in virtù di una visione ospedalocentrica, ha contribuito alle discriminazioni nell’accesso alle cure nei diversi territori e soprattutto, in questa situazione emergenziale, ad un sovraccarico insopportabile per i nostri ospedali e per tutto il personale sanitario e socio-sanitario!
Ma non è il momento per occuparci di certe responsabilità del passato, per dividerci sulla mala gestio degli ultimi vent’anni perpetrata in molti sistemi sanitari regionali, allo scopo di arricchire la sanità privata a discapito del pubblico e rifocillare potentati clientelari.
Torniamo alla gestione dell’emergenza. Nel corso dei mesi successivi alla scoperta del Covid-19 nel nostro Paese, il nostro Governo ha fatto ciò che era più importante: potenziare il sistema sanitario. Sono stati stanziati 9,5 miliardi di euro per l’intero comparto e 1,4 miliardi per l’aumento dei posti in terapia intensiva, passati da 5.179 prima dell’emergenza agli attuali 7596. E altri se ne aggiungeranno per un totale potenziale di 11307.
Abbiamo più che raddoppiato la capacità di intervento sui pazienti più gravi, e con un unico scopo: governare il fenomeno.
Certo, il quadro epidemiologico nazionale ed europeo appare ancora particolarmente critico. Ma come è stato ricordato ieri dal Dott. Brusaferro dell’Istituto Superiore di Sanità, siamo ormai entrati nella seconda fase: quella della transizione, con una rimodulazione delle misure di contenimento.
Per questo, ora, un lockdown generalizzato non avrebbe senso: bisogna riuscire a conciliare le libertà personali e la tutela della salute, nella consapevolezza che non vi sarà ripresa economica se non riusciremo a contenere il contagio!
Ecco allora che dobbiamo tutti collaborare ed accogliere il sistema messo a punto dalla Cabina di Regia, dove partecipano anche le Regioni, basato non solo sull’ormai famoso valore Rt ma su ben 21 indicatori individuati dal D.M. 30 aprile 2020 – i cui dati sono forniti proprio dalle singole Regioni – e che generano in maniera oggettiva un “rischio”: basso, medio, moderato o alto per ogni realtà regionale. Indicatori che non si concentrano solo su un aspetto del fenomeno ma che sono, a loro volta, suddivisi in tre categorie: capacità di monitoraggio, capacità di accertamento diagnostico-indagine -gestione dei contatti e tenuta dei servizi sanitari.
Non dimentichiamoci che è il “grado di rischio” il driver principale che deve aiutarci a scegliere in questo momento. Ed aver trovato l’algoritmo condiviso capace di generare questo dato, dovrebbe persuadere ogni livello istituzionale ad interagire nella massima trasparenza possibile.
Ora non è il momento di dividerci e perderci in polemiche sterili e strumentali.
Dobbiamo salvare vite umane e dobbiamo farlo adesso: questo significa governare il fenomeno, a costo di essere impopolari!
Necessarie, pertanto, le restrizioni a livello territoriale grazie alle quali, ci auguriamo, potremo forse scongiurare misure generalizzate su scala nazionale. Restrizioni che allo stesso tempo garantiranno ulteriore monitoraggio in tempo reale e verrà fugato ogni dubbio.
Per concludere Ministro Speranza, nella consapevolezza della separazione e della gestione concorrente fra Stato e Regioni di alcune competenze garantite dalla Costituzione, il nostro auspicio è che si mettano da parte gli eccessi propagandistici, a cui troppo spesso la politica si piega e che si collabori uniti, da Italiani, per affrontare la più grave crisi che la nostra Storia Repubblicana ricordi.