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Riflessioni sul recente passato, guardando avanti

L’Italia è un Paese bellissimo ma con una classe dirigente politica da ricostruire ed in qualche caso formare. Per troppo tempo i giovani sono stati scartati, delegittimati, derisi nei partiti. Giovani e giovanissimi scoraggiati dal mondo degli adulti che consiglia loro di espatriare o nel migliore delle ipotesi di “farsi i fatti propri” per non farli partecipare alla vita pubblica o politica.

La politica in Italia va’ ad “ondate”, nel 2013 io stessa ho fatto parte dell’ondata 5 stelle e dopo 10 anni la deriva culturale in cui rischiamo di piombare è molto chiara.

Con l’allora Ministro degli Esteri Luigi Di Maio e la formazione politica “Impegno Civico”, non abbiamo voluto offrire alibi o lasciato spazio a chi, invece, DI FATTO stava aiutando la destra nella caduta del Governo Draghi rompendo il fronte progressista comune. Conte, appunto, come altri leader politici caratterizzato da un narcisismo pericolosissimo per chi rappresenta le istituzioni. Le loro decisioni politiche partono dal proprio ego riferito, il bene del Paese è solo uno specchietto per le allodole che, consapevolmente o meno, inseguono verso il luccichio per poi schiantarsi.

I traditori dell’Italia non sono giovani donne e giovani uomini come me e Di Maio che hanno scelto di rimanere FEDELI ALLO STATO, in un momento così drammatico con la guerra alle porte dell’Europa e la crisi economica ed energetica galoppante. La politica è servizio, oltre ad essere una scienza.

Ad aver tradito l’Italia è Salvini che ha buttato giù un Governo autorevole e che da sempre spinge verso politiche produttive a favore del Nord: come primo punto nel programma ha quello di fare la legge sulle autonomie differenziate. Legge che con Draghi abbiamo sempre sventato nel corso del Governo.

Ad aver tradito l’Italia è stata in parte Forza Italia che quando la slavina – per mano di Conte – è cominciata a venire giù, ha colto l’occasione per associarsi al carro della Meloni. Forza Italia SOLO in Calabria tiene ancora numeri alti per via dell’astensionismo altissimo: SOLO il 40% dei Calabresi si reca alle urne. Quindi forzisti non vantatevene troppo.

Ad aver tradito l’Italia è Conte che, come i cuculi, invece di fare la fatica di costruirsi il proprio nido, rubano quello degli altri; lui ha opportunisticamente preso un contenitore – che ci era costato sacrifici – per farlo diventare un partito autoreferenziale. Ovviamente qui faccio MEA CULPA, non bisognava dargli le chiavi di casa senza neppure tenersi un doppione per poterlo fermare. Mi riferisco a quando ha barattato un governo autorevole, come quello con Draghi, per inseguire con le sue allodole la campagna elettorale e la ribalta mediatica (unica cosa che gli interessa).
Conte ha tradito tutti i patti: quello con il Governo Draghi, quello con Letta e quello in Sicilia. Ed ora, correndo da solo, non fa altro che disperdere i voti favorendo così le destre. Stesso schema con le dovute differenziazioni di Renzi e Calenda.

Concludo con una certezza: se arriveranno tempi bui in cui l’Italia sarà di nuovo isolata in Europa e subirà ancor di più la povertà, IO SO DI AVERE FATTO IL MASSIMO ED ANCHE DI PIÙ CONTRO LA CAVALCATA DELLA PROPAGANDA POLITICA DI SALVINI, CONTE e altri.

Mi spiace per chi mi voleva o mi vuole fuori dalla politica, Ma la politica è servizio, è una vocazione ed io non ho assicurata alcuna poltrona: IO DIFENDO IL SUD! E sempre lo farò, con i mezzi che avrò.

Il SUD deve essere artefice del proprio destino e pretendere quanto gli spetta attraverso giuste battaglie politiche di perequazione. Sono sicura che la forzatura dell’autonomia differenziata – portata avanti dal Governo Meloni – si scioglierà come neve al sole. Ed in questo il referendum abrogativo, con l’attenzione civico-politica che sta generando, può trasformarsi in una buona notizia per il futuro del Paese.

Sono stata eletta nel Direttivo dell’ANDC

Si è svolto pochi giorni fa a Roma, il Consiglio Direttivo dell’Associazione Nazionale dei Democratici Cristiani (ANDC), che ha confermato Presidente Lucio D’Ubaldo.

Sono stata eletta tra i membri del Consiglio direttivo, con l’aggiunta dell’incarico di Responsabile per la stampa.

Durante l’incontro è stato, tra l’latro, ribadito che l’ANDC è chiamata a proporsi come soggetto propulsivo di un nuovo indirizzo politico, “per promuovere l’affermazione dei programmi d’azione civile e politica, ispirati alla dottrina sociale cristiana” (per come stabilisce l’Art. 1 dello Statuto). Occorre pertanto lavorare alla declinazione del messaggio degasperiano sul “centro che marcia verso sinistra” (avendo lo statista trentino, dopo la rottura con i comunisti, composto i suoi governi con i partiti laici e socialisti, non solo con l’ala moderata costituita dai liberali). Il richiamo è quello di tornare alle origini e riscoprire il dinamismo insito nella dialettica tra democrazia e cristianesimo.

L’ambizione – è stato riaffermato – è quella di favorire strategicamente la creazione di un “centro allargato” sulla scia della tradizione più incisiva della politica italiana, dall’Unità ad oggi (connubio Cavour-Rattazzi, convergenze parlamentari alla Giolitti, centrismo degasperiano, centro-sinistra di Moro).

Nuovo organigramma dell’ANDC

Lucio D’Ubaldo (Presidente), Carla Ciocci, Genny Di Bert, Gabriele Papini, Francesco Amendola (Vice Presidenti), Rita Padovano (Segretario generale), Gianni Baratta (Tesoriere).

Composizione del Consiglio Direttivo

Membri eletti: Francesco Amendola, Giovanni Baratta, Carla Ciocci, Eugenio De Rosa, Genny Di Bert, Lucio D’Ubaldo, Dalila Nesci, Rita Padovano, Gabriele Papini, Giuseppe Sangiorgi.

Membri di diritto: Giulio Alfano, Antonello Assogna, Anton Giulio Ciocci, Maurizio Eufemi, Salvatore Turano, Angelo Sanza.

Altri incarichi: Dalila Nesci (Responsabile per la stampa), Antonello Assogna (Responsabile per la formazione), Salvatore Turano (Responsabile comunicazione, sito web e social media).

Il PNRR per risultare efficace ha bisogno del Sud e vi spiego perché

di Dalila Nesci, deputata e Sottosegretaria al Ministero del Sud

Per guardare il mondo da una prospettiva nuova, può aiutare l’immagine dell’Appeso nelle carte dei Tarocchi. Di chi con sorriso quasi estatico sa che, appeso al soffitto e a testa in giù, il mondo rovesciato ha più senso di quello già “visto”, ma mai guardato prima da una prospettiva differente.

È per questo motivo che immagino vividamente e credo che sia il nuovo piano di investimenti del Recovery Plan ad avere bisogno del Sud, e non viceversa.

Il Mezzogiorno infatti non è un’astrazione geografica, un racconto storico da relegare a ricordo, né un principio ispiratore per rivendicazioni vittimistiche. No. Il Mezzogiorno d’Italia rappresenta il potenziale inespresso del nostro Paese che, a causa di scelte politiche ed economiche miopi, ha finito per essere condannato a cabina di regia delle mafie e serbatoio di stereotipi cui attinge il main stream populista per rafforzare la cultura della rassegnazione e del fatalismo da animare ogni qual volta si tratti di immaginare nuove prospettive economico-produttive, sociali e culturali in grado di imprimere cambiamenti di rotta sostanziali. Se il PNRR non riuscirà ad emancipare -attivando la leva dello sviluppo economico- le regioni del Sud come Calabria, Sicilia, Campania, Puglia, Basilicata e Sardegna, allora non avrà assolto alla sua funzione di ricostruzione e riequilibrio dalla crisi economica ultra decennale, drammaticamente acuita dalla pandemia. In caso di fallimento, il Paese intero, dimentico troppe volte del Mezzogiorno, avrebbe perso l’ennesima occasione. Ma come fare quindi per vincere la scommessa del Recovery Plan in Italia? Nessun azzardo. Sono due le direttrici su cui puntare: capacità di programmazione della spesa e rafforzamento della pubblica amministrazione nei territori. La capacità di programmazione e quindi di spesa sarà fondamentale per il regolamento dei bandi di gara. Le cui linee discenderanno dalle componenti strutturali che definiscono le missioni del PNRR, e dovranno tenere conto di vincoli territoriali. Nel rafforzamento tecnico  della PA delle Regioni ed enti locali, ci giocheremo tutto sull’immissione di nuove professionalità e nella capacità dell’Agenzia della coesione territoriale del Ministero del Sud di coordinare sapientemente in maniera operativa le nuove assunzioni destinate al Mezzogiorno d’Italia. Il Dipartimento delle Politiche di Coesione da troppo tempo registra dati che rilevano scarsa capacità di programmazione e spesa, anche per il coordinamento scarsamente efficace con le Regioni. Credo molto nella tenacia della Ministra Mara Carfagna che grazie alla sua esperienza potrà imprimere grossi risultati, come già ottenuto per le risorse destinate al Sud nel PNRR. Da Sottosegretaria non farò mai mancare il mio sostegno, credendo nella capacità di mediazione che il femminile riesce ad imprimere. Ecco perché chi parla di Sud non può dimenticare l’impegno concreto delle forze politiche nelle prossime tornate elettorali amministrative e regionali. La capacità di investire a Sud parte dalla serietà del progetti politico-amministrativi messi in campo nelle competizioni elettorali. Eviti di parlare di Sud chi non vuole impegnarsi nel Governo di città,  regioni e aree locali che si trovano con la loro specificità al centro del Mediterraneo, e che saranno cruciali per la transizione ecologica e culturale cui ormai puntiamo all’unisono come tutta l’Unione Europea. Le opere nel PNRR, da concludere entro il 2026, dipenderanno dalla capacità delle governance di Regioni ed enti locali di integrare gli investimenti del Recovery Plan con quelli ordinari nazionali ed europei. Solo con riguardo alla Calabria ben l’80% dei comuni si trova nelle zone periferiche dove vive la metà dei cittadini. Già adesso è a rischio la sopravvivenza stesse dei territori locali e delle piccole comunità: il rilancio avrebbe infatti impatti sostanziali non solo per l’economia regionale calabrese, ma come fattore generale di riequilibrio e laboratorio di innovazione dei nuovi assetti sociali che parte dal Sud e che si irradia per la prima volta verso il resto del Paese.

Penso a l’impellenza di individuare progetti innovativi di rigenerazione urbana e di risanamento ambientale, di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico-culturale, ad azioni in grado di ripensare le strutture civili e amministrative insieme agli spazi di aggregazione e vivibilità delle nostre comunità (come le unioni dei comuni, che vanno favorite). Penso al rafforzamento della sanità territoriale, che torni ad essere capillare nella vicinanza alle comunità, anche quelle ritenute più marginali, grazie alla riconversione di vecchi presidi ospedalieri, prima strumentalizzati dal rigonfiamento parassitario della sanità “ospedal-centrica” e poi abbandonati per favorire speculazioni. La pandemia ci insegna che occorre ripristinare una sanità pubblica forte, diffusa e distribuita territorialmente, con  l’applicazione rigorosa dei parametri relativi ai LEP (livelli essenziali delle prestazioni). Penso all’indifferibile  potenziamento delle reti e dei servizi: infrastrutture, reti idriche, digitalizzazione, nuovo lavoro, servizi per donne, minori e fasce di disagio sociale, vivibilità delle aree interne, mobilità verde, filiere produttive di qualità e produzioni bio. Occorre puntare in modo strategico alla  riqualificazione del patrimonio edilizio e all’inversione della tendenza al consumo di suolo, per raggiungere l’obiettivo della salvaguardia delle risorsi irripetibili di ambiente, natura e paesaggio e finalmente giungere all’obiettivo di impedire il consumo di suolo. Un definitivo rovesciamento di prospettiva, come dichiaravo in premessa, nell’ottica di garantire  integrazione-rigenerazione-riequilibrio, partendo proprio dal tessuto socio produttivo delle aree più significative e più critiche della Calabria. Esaltandone i fattori di vantaggio, sia in termini di identità culturale, ma soprattutto per quantità e qualità delle risorse primarie ancora sottoutilizzate a disposizione della regione (aria, acqua, paesaggio, boschi, agricoltura, filiere bio nell’agroalimentare e beni storici e culturali).

Chi parla di Sud non può dimenticare l’impegno concreto delle forze politiche nelle prossime tornate elettorali amministrative e regionali. Le notizie di questi giorni sull’accordo tra le forze di Governo per il Comune di Napoli suscita entusiasmo. Auspico con tutto il mio impegno che anche sulla Calabria si possa seguire analogo percorso. Il cuore pulsante della Calabria ha bisogno di ripartire con nuovo scatto.

Per rifondare una durevole prospettiva di sviluppo e di riequilibrio del Sud occorre poi collegarsi con le correnti calde di un nuovo meridionalismo, che parta da conoscenze locali e da competenze accertate di livello europeo e internazionale, dal rafforzamento dei diritti di cittadinanza, che sono argine civile alla prepotenza delle mafie. La rinascita del mercato in aree di crisi, in tutte le regioni del Mezzogiorno, deve coincidere con il potenziamento delle strutture culturali e civili, con investimenti nell’istruzione, nella ricerca, nella formazione permanente, nella digitalizzazione, offrendo opportunità nuove al patrimonio di creatività e all’immaginazione che da sempre sono la forza della cultura e della tradizione di civiltà e di bellezza che il Sud custodisce da secoli. Solo così fermeremo l’emorragia di energie giovani che impoverisce la vita delle regioni e i centri minori del Sud. La visione deve essere centrata sul paradigma produttivo della green economy dalle politiche europee che negli ultimi anni sono state rafforzate dal piano Next generation Eu, a cui anche l’Italia con l’invio a Bruxelles del Recovery plan darà seguito. La priorità del Recovery Plan al Sud non è il trionfo di una società espropriata del futuro, burocratizzata e riconfermata nei ritardi e nell’immobilismo, ma è invece la ripresa di un circuito virtuoso di sviluppo e di progresso civile. Solo così  potremo avviare, mobilitando le forze migliori della società, la perequazione necessaria e ridurre le disuguaglianze e promuovere la coesione all’interno del nostro paese. L’obiettivo fondamentale stavolta è garantire al Sud l’effettivo godimento dei fondamentali diritti costitutivi della cittadinanza: lavoro, salute, istruzione, mobilità.