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Intervento odierno alla Camera: Dalila Nesci

Intervento su pregiudiziali Decreto Natale

Gentile Presidente,
Gentili Colleghi,

all’esame odierno dell’Assemblea vi sono le questioni pregiudiziali, sollevate dalle opposizioni, al disegno di legge di conversione del decreto 18 dicembre 2020, n. 172, (il cosiddetto Decreto Natale) recante ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus Covid-19.

Il Decreto si pone il duplice obiettivo di varare misure urgenti per le festività natalizie e di contemperare la chiusura di determinate categorie produttive, particolarmente colpite dalle restrizioni alla circolazione, con un contributo a fondo perduto.

Nonostante il mondo intero abbia salutato con grande sollievo l’approvazione da parte delle autorità sanitarie dei vaccini anti-Covid è inconfutabile che – per ragioni squisitamente farmacologiche e per ragioni prettamente logistiche – il loro reale apporto all’appiattimento della curva del contagio non potrà che avvenire nell’arco di qualche mese, se non addirittura di un anno.

Medio tempore non conosciamo altra soluzione che limitare i contatti tra gli individui.

Lo abbiamo detto più volte: stiamo vivendo un momento storico. Non è certo questa la prima pandemia che ha colpito l’intera Umanità ma è senz’altro la prima volta nella storia che l’Essere umano tenta di governarne le sorti.

E lo fa con gli strumenti a sua disposizione: la legge e la scienza.

Prova ne sia ciò che stato deciso anche dai nostri vicini europei:

in Germania lockdown totale dal 16 dicembre al 10 gennaio.
Dal 24 al 26 dicembre massimo 4 persone a tavola;
in Francia massimo 6 con coprifuoco dalle 20 alle 6;
in Spagna sebbene ogni comunità abbia adottato regole diverse si è scelto ovunque la linea dura: a Madrid non più di 6 persone a tavola e in Catalogna non più di 10.
in Austria lockdown totale dal 26 dicembre con ristoranti e negozi chiusi.
In Belgio, a Natale si è potuto far entrare in casa una sola persona: due ospiti per chi rimaneva solo la sera del 24 e 25 dicembre;
In Olanda lockdown fino al 19 gennaio con stop ai negozi non essenziali, scuole, cinema, palestre e parrucchieri;

E così anche fuori della UE:
come in Svizzera: fermi ristoranti, palestre e centri sportivi. Negozi chiusi alle 19. Massimo 10 persone a tavola;
e come nel Regno Unito dove il temporaneo alleggerimento delle restrizioni deciso Westminster ha comportato che Scozia e Galles provvedessero a disporre un limite alle riunioni in casa.

Certo, un anno fa, nessuno di noi avrebbe mai creduto che fosse necessario arrivare a tanto.

Onestamente, però – e lo dico con il massimo rispetto verso le opposizioni – anche in considerazione di quanto stabilito negli altri paesi europei… si può davvero affermare che non esistano profili di straordinaria necessità e urgenza quando si tratta di prevenire l’aggravamento dell’emergenza epidemiologica in un periodo di due/tre settimane durante il quale è facilmente prevedibile un aumento dei contatti tra estranei?

Questa banale eccezione – alla base della questione pregiudiziali all’esame – ci trova totalmente in disaccordo.

Anzi, ci disarma.

Perché le forze politiche che hanno la responsabilità di governare Regioni popolose come stati europei – e che con le delibere delle loro Giunte limitano la libertà personale dei propri cittadini in nome del principio costituzionale del diritto alla Salute – non possono onestamente muovere critiche a Roma se, per lo stesso principio, in un contesto di straordinaria necessità e urgenza, si decretano misure maggiormente restrittive su tutto il territorio nazionale per un periodo così particolare dell’anno.

Ma, allora, cominciamo a dire con fermezza qual’è stato il vero problema nell’affrontare la Pandemia.

Non l’uso dei DPCM da parte del Presidente Conte – altro tema presente nelle questioni pregiudiziali di oggi – che è stato utilizzato come mezzo eccezionale in un momento eccezionale ma sempre nell’alveo della Costituzione… e a maggior ragione, direi, visto che la normativa prevista nei DPCM viene ripresa dal Decreto Legge in esame e quindi inserita in una fonte di diritto primario peraltro sottoposta alla conversione in Legge.

Non i DPCM, quindi, ma questo sistema pseudo-federalista nato con la Riforma del Titolo V della Costituzione che – su materie fondamentali come la Salute – ha consentito la nascita di un “leviatano” con 20 teste regionali (e 2 provinciali a statuto speciale).

Parliamo di questo, allora: possiamo ancora permetterci una legislazione concorrente sulla Sanità?

Si è visto con i dati epidemiologici richiesti dal Ministero della Salute: il dato il vero driver che avrebbe potuto aiutare a prendere decisioni rapide e corrette.

Venti sistemi informatici diversi.

E’ come se la rete ferroviaria italiana fosse costituita da venti tipi di binari differenti ed ogni volta, per passare una Regione, fossimo costretti a cambiar treno.

Questo è stato il federalismo all’italiana.

Ma torniamo al Decreto Natale e mi accingo a concludere. Con una domanda, rivolta a chi solleva le questioni pregiudiziali.

Siete davvero sicuri che 330.000 ristoratori e 150.000 baristi italiani condividerebbero le Vostre eccezioni costituzionali al Decreto Natale, fondate sulla non necessità e urgenza del dispositivo?
Un Decreto che prevede un contributo per queste categorie di ben 645 milioni di euro a ristoro delle perdite subite dalle restrizioni?

Grazie Signor Presidente.

Intervento informativa urgente Ministro Speranza – Dalila Nesci

 

 

Ministro, colleghi e rappresentati del governo tutti,
​esattamente un secolo fa il mondo intero fu colpito da una influenza – poi ribattezzata “spagnola” – che nel giro di due anni infettò 500 milioni di persone (un quarto della popolazione mondiale), uccidendone 50 milioni. Fu la più grave pandemia della Storia dell’Umanità.
​Oggi ci troviamo nel pieno di una nuova pandemia: a distanza di quasi un anno dal paziente zero, il COVID-19 ha colpito già circa 50 milioni di persone in tutto il mondo, causando la morte di 1,2 milioni di persone.
​La differenza fondamentale tra oggi e cento anni fa sta nelle decisioni che possiamo prendere, sia a livello nazionale sia a livello mondiale. Ed ora abbiamo la possibilità di scegliere: tentare di governare il fenomeno o subirne semplicemente le conseguenze?
​Va da sé che per uno Stato evoluto, democratico e responsabile la scelta non può che essere una nella consapevolezza che ogni soluzione comporta sempre dei limiti: dobbiamo governare il fenomeno.

Come ha ricordato il Presidente Conte lunedì scorso in quest’Aula, a marzo eravamo posti di fronte a un evento travolgente, in assenza di un piano operativo puntualmente e dettagliatamente certificato sul piano scientifico, sprovvisti di un sistema di monitoraggio sofisticato.
Un lockdown generalizzato su tutto il territorio nazionale a marzo, era l’unico modo per governare il fenomeno, l’unico modo per “appiattire la curva” dei contagi: bisognava aggredire subito il problema.

Ma il compito che dobbiamo svolgere, era chiaro sin dall’inizio di questa pandemia: fino a quando non ci sarà un vaccino per debellare il Coronavirus, la Politica è chiamata a combattere una crisi sanitaria che le si presentava, innanzitutto, come una crisi ospedaliera. Una crisi che è anche il frutto di anni di tagli e definanziamenti a discapito della nostra sanità e della rete di assistenza territoriale.
E il loro progressivo smantellamento, in virtù di una visione ospedalocentrica, ha contribuito alle discriminazioni nell’accesso alle cure nei diversi territori e soprattutto, in questa situazione emergenziale, ad un sovraccarico insopportabile per i nostri ospedali e per tutto il personale sanitario e socio-sanitario!
Ma non è il momento per occuparci di certe responsabilità del passato, per dividerci sulla mala gestio degli ultimi vent’anni perpetrata in molti sistemi sanitari regionali, allo scopo di arricchire la sanità privata a discapito del pubblico e rifocillare potentati clientelari.
Torniamo alla gestione dell’emergenza. Nel corso dei mesi successivi alla scoperta del Covid-19 nel nostro Paese, il nostro Governo ha fatto ciò che era più importante: potenziare il sistema sanitario. Sono stati stanziati 9,5 miliardi di euro per l’intero comparto e 1,4 miliardi per l’aumento dei posti in terapia intensiva, passati da 5.179 prima dell’emergenza agli attuali 7596. E altri se ne aggiungeranno per un totale potenziale di 11307.
Abbiamo più che raddoppiato la capacità di intervento sui pazienti più gravi, e con un unico scopo: governare il fenomeno.
Certo, il quadro epidemiologico nazionale ed europeo appare ancora particolarmente critico. Ma come è stato ricordato ieri dal Dott. Brusaferro dell’Istituto Superiore di Sanità, siamo ormai entrati nella seconda fase: quella della transizione, con una rimodulazione delle misure di contenimento.
Per questo, ora, un lockdown generalizzato non avrebbe senso: bisogna riuscire a conciliare le libertà personali e la tutela della salute, nella consapevolezza che non vi sarà ripresa economica se non riusciremo a contenere il contagio!

Ecco allora che dobbiamo tutti collaborare ed accogliere il sistema messo a punto dalla Cabina di Regia, dove partecipano anche le Regioni, basato non solo sull’ormai famoso valore Rt ma su ben 21 indicatori individuati dal D.M. 30 aprile 2020 – i cui dati sono forniti proprio dalle singole Regioni – e che generano in maniera oggettiva un “rischio”: basso, medio, moderato o alto per ogni realtà regionale. Indicatori che non si concentrano solo su un aspetto del fenomeno ma che sono, a loro volta, suddivisi in tre categorie: capacità di monitoraggio, capacità di accertamento diagnostico-indagine -gestione dei contatti e tenuta dei servizi sanitari.
Non dimentichiamoci che è il “grado di rischio” il driver principale che deve aiutarci a scegliere in questo momento. Ed aver trovato l’algoritmo condiviso capace di generare questo dato, dovrebbe persuadere ogni livello istituzionale ad interagire nella massima trasparenza possibile.

Ora non è il momento di dividerci e perderci in polemiche sterili e strumentali.
Dobbiamo salvare vite umane e dobbiamo farlo adesso: questo significa governare il fenomeno, a costo di essere impopolari!
Necessarie, pertanto, le restrizioni a livello territoriale grazie alle quali, ci auguriamo, potremo forse scongiurare misure generalizzate su scala nazionale. Restrizioni che allo stesso tempo garantiranno ulteriore monitoraggio in tempo reale e verrà fugato ogni dubbio.
Per concludere Ministro Speranza, nella consapevolezza della separazione e della gestione concorrente fra Stato e Regioni di alcune competenze garantite dalla Costituzione, il nostro auspicio è che si mettano da parte gli eccessi propagandistici, a cui troppo spesso la politica si piega e che si collabori uniti, da Italiani, per affrontare la più grave crisi che la nostra Storia Repubblicana ricordi.

Inaugurazione del #LEGALITOUR – LOCRI

Sono a Locri (RC), come rappresentante della Commissione Parlamentare Antimafia, per l’inaugurazione del LEGALITOUR e la sottoscrizione del Protocollo d’Intesa finalizzato alla promozione di percorsi di legalità, formazione e orientamento presso i beni confiscati alla mafia, tra Ministero dell’Istruzione e la nostra Commissione.

Saranno presenti all’evento la Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, il Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia Nicola Morra e il Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri.

    Il LEGALITOUR vedrà quest’anno la partecipazione di circa 1000 studenti durante il periodo estivo, finalizzato ad attività di legalità, rispetto e buone pratiche, dislocati in ben undici cooperative sociali tra Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.

     Nella Regione Calabria, in particolare, saranno tre i siti confiscati che prenderanno parte a questa lodevole iniziativa:

  • Consorzio Sociale GOEL – “Ostello Locride” – Locri (RC)

  • Libera Terra Società Cooperativa Sociale – Polistena (RC)

  • Cooperativa Sociale Terre Joniche-Libera Terra – Isola di Capo Rizzuto (KR)

 

Ritengo che, per estirpare il male atavico delle mafie dalla nostra terra – oltre la battaglia sul campo combattuta ogni giorno dalla Magistratura e dalle Forze dell’Ordine – sia necessario trovare occasioni, come questa, nelle quali la forte presenza dello Stato costituisca al contempo monito per i criminali e incitamento per quei giovani che credono che un futuro di legalità sia ancora realizzabile.

NESCI E BARBUTO (M5S) AD ANAS: “IN CALABRIA VELOCIZZARE LAVORI SS106 NEL PERICOLOSO TRATTO DAVOLI-GURDAVALLE

*NESCI E BARBUTO (M5S) AD ANAS: “IN CALABRIA VELOCIZZARE LAVORI SS106 NEL PERICOLOSO TRATTO DAVOLI-GURDAVALLE”*
Le parlamentari Dalila Nesci ed Elisabetta Barbuto, quest’ultima componente la Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, hanno incontrato a Catanzaro,  nella giornata di ieri 6 luglio 2020, i vertici regionali calabresi dell’ ANAS per affrontare con loro il problema delle condizioni della SS 106 nel tratto Davoli – Guardavalle, problema segnalato ripetutamente dai rappresentanti delle istituzioni locali interessate nonché dei comitati sorti spontaneamente per chiedere l’esecuzione dei lavori di messa in sicurezza della strada a tutela di tutti gli utenti che quotidianamente la percorrono, e comprendere quali siano le somme stanziate per tali interventi..
Se, infatti, in virtù dell’appendice di aggiornamento al contratto di programma 2016/2020 tra Anas e MIT, 20 milioni in totale sono i fondi stanziati per realizzare gli interventi di messa in sicurezza sulla SS 106, la ripartizione degli stessi fondi attribuisce al tratto in questione esclusivamente la somma di 2 milioni di euro che appare, come tutti i partecipanti  hanno convenuto, palesemente insufficiente alla realizzazione di lavori realmente efficaci allo scopo cui sono destinati, anche e soprattutto, considerata la tipologia  e l’estensione degli stessi.
Non è più possibile, infatti, pensare di avviare dei lavori che vengono abbandonati a metà dell’esecuzione senza risolvere, anzi, in taluni casi, aggravando i problemi già esistenti come ha sottolineato il sig. Pierluigi Galati, rappresentante del “Comitato SS 106 Guardavalle – Soverato”               che accompagnava le deputate.
Proprio a causa della consapevolezza della esiguità della somma impegnata, dichiarano le parlamentari, ci è stato riferito che, nel redigendo piano dei fabbisogni regionali prodromico alla stesura del nuovo contratto di programma ANAS / MIT , verranno sicuramente indicate, ad integrazione della somma di due milioni, le altre somme che si palesano necessarie e che dovrebbero consentire la totale ed efficace esecuzione  dei lavori nel tratto interessato.
A conclusione dell’incontro e anche al fine di valutare la correttezza della stima delle somme da impiegare per i lavori , nella giornata di lunedi 13 luglio prossimo, verrà effettuato un sopralluogo cui parteciperanno , oltre alle parlamentari ed al signor Galati, anche i tecnici ANAS, che hanno manifestato la loro più ampia disponibilità a risolvere l’annoso problema.
Sarà nostra cura, concludono le parlamentari, successivamente al sopralluogo, comunicarne gli esiti.  Continueremo, infatti, ad essere sempre presenti ovunque verranno segnalati dei problemi e a lavorare in sinergia con i cittadini  per affrontarli e porre i presupposti per la loro risoluzione.

Ancora minacce a Gratteri, intervento di Dalila Nesci.

Si vuole attentare alla vita di un magistrato, Nicola #Gratteri, ma soprattutto a ciò che rappresenta per l’opinione pubblica: una volontà di rinascita che dalla #Calabria può liberare l’Italia dal giogo mafioso.

Restiamo al fianco di Gratteri e dei magistrati coraggiosi che stanno scrivendo la storia insieme ai tanti cittadini che vogliono cambiare ed essere liberi!

 

APPROVATO IL DECRETO LIQUIDITA’, RIFLESSIONI SULLE RISORSE PER USCIRE DALLA CRISI

Oggi in aula alla Camera abbiamo approvato il Decreto Liquidità che passa ora al Senato per terminare l’iter di conversione in legge. Il provvedimento riguarda molti aspetti della vita economica del Paese e in particolare l’immissione di liquidità alle imprese. Favorire la possibilità da parte degli imprenditori di accedere a linee di credito garantite dallo Stato è senz’altro una delle principali azioni per far ripartire la nostra economia, provata da oltre due mesi di serrata.

Al testo originario – che da un lato prevedeva, grazie alle garanzie di SACE e del Fondo Centrale di Garanzia per le PMI, l’erogazione fino a 400 miliardi per le imprese private e dall’altro il rafforzamento della Golden Power per la difesa delle aziende strategiche – sono state apportate importanti modifiche. Tra le novità più importanti: la limitazione della responsabilità d’impresa per gli infortuni da Covid-19, le autocertificazioni per accelerare le procedure, l’ampliamento della platea dei beneficiari, l’allungamento dei tempi per la restituzione dei prestiti, la sospensione delle segnalazioni in Centrale dei Rischi, il rafforzamento delle condizioni per evitare la delocalizzazione e garantire i livelli occupazionali.

A fronte di un tetto massimo di impegni assumibili pari a 400 miliardi totali si disponeva, nel testo originario del “Decreto Liquidità”, di uno stanziamento per la garanzia statale pari a 1 miliardo di euro. Una proporzione (1 a 400) tra garanzia pubblica e finanziamento totale erogabile che ci è sembrata da subito non adeguata. Ma adesso il nuovo “Decreto Rilancio” prevede, al comma 1 dell’art. 31, l’incremento del fondo previsto nel Decreto Liquidità di ulteriori 30 miliardi, che vengono reperiti facendo totalmente ricorso all’indebitamento: la proporzione sarà così di 31 a 400 che corrisponde a quella che di norma il MEF accantona per le garanzie statali.

Ora, la mancata iscrizione nel testo originario del Decreto Liquidità in termini di fabbisogno per un ammontare commisurato al rischio di escussione e la successiva necessaria integrazione apportata col Decreto Rilancio della settimana scorsa, ci conducono ad una questione più generale.

Qual è la reale portata, in termini di fabbisogno, di tutti gli impegni che ha assunto e che dovrà assumere il Governo per uscire dalla crisi sistemica indotta dalla pandemia?

Non credo si esageri se si stima che il totale sarà compreso tra 100 e 200 miliardi di euro.

Il timore di fondo è che, in attesa che si concretizzi davvero lo strumento del Recovery Fund, il Governo richieda l’accesso al Pandemic Crisis Support (PCS), il “sostegno alla crisi pandemica” istituito presso il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), per reperirne almeno una trentina.

Qualunque discorso si voglia affrontare su questo strumento – in mancanza di un risolutivo passaggio parlamentare finalizzato a fornire un chiaro mandato al Governo – non può che basarsi sulle informazioni ricevute a margine dei numerosi (video)incontri dell’Eurogruppo avvenuti tra il 9 aprile e il 15 maggio. Riunioni ancora definite “informali” nonostante vengano assunte, durante questi consessi, decisioni che incidono profondamente sulla vita di milioni di europei.

 

La Scheda esplicativa pubblicata sul sito ufficiale del MES[1] conferma che il PCS è basato sulla Enhanced Conditions Credit Line (ECCL), la linea di credito soggetta a condizioni rafforzate.

Se è vero che, nel documento, viene esplicitato: l’unico requisito per accedere alla linea di credito sarà che gli Stati membri dell’area dell’euro che richiedono il sostegno si impegnino a utilizzare questa linea di credito per sostenere il finanziamento interno di assistenza sanitaria diretta e indiretta, cure e assistenza sanitaria, viene però da domandarsi:

  • Perché non è stata ideata una linea di credito ad hoc, come consente dall’art. 19 del MES, che esplicitasse l’assenza di condizioni stringenti, anche future?

Forse perché ciò sarebbe palesemente in contrasto con lo spirito rigorista che informa lo Statuto del MES e, quindi, in violazione del trattato internazionale che lo istituisce?

  • Perché nel medesimo documento si tiene a precisare che In seguito, gli Stati membri dell’area dell’euro rimarrebbero impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari, in linea con i quadri di coordinamento e sorveglianza economici e finanziari dell’UE?

Forse perché questo è il reale scopo del PCS sul lungo periodo?

  • Perché è stato necessario specificare che secondo il quadro dell’Unione Europea, gli Stati membri che beneficiano dell’assistenza finanziaria precauzionale del MES sono soggetti a una sorveglianza rafforzata (Enhanced Surveillance) sebbene, subito dopo, si fa presente che la Commissione concentrerà il suo monitoraggio e i suoi obblighi di rendicontazione solo sull’effettivo utilizzo dei fondi a copertura dei costi sanitari diretti e indiretti?

Forse perché quello della Commissione è soltanto un “impegno politico” non suffragato da una necessaria modifica dei trattati che garantisca davvero la salvaguardia della nostra sovranità?

 

Appare pertanto singolare che si continui a sostenere che il Pandemic Crisis Support non preveda altra condizione che la finalità per spese legate al COVID-19.

E non è un caso che i Governi di Spagna, Portogallo e Grecia – per i quali sembrava fosse stato disegnato il PCS – hanno già pubblicamente dichiarato che non vi ricorreranno, semplicemente perché… non ne hanno bisogno!

In conclusione, non possiamo ipotecare la nostra sovranità e minare così le fondamenta del nostro stato sociale. Se ci dovremo indebitare non sarà per moral hazard politico ma per colpa del Coronavirus che sta generando una crisi simmetrica dagli effetti asimmetrici, soprattutto in quei Paesi già piegati da un decennio di austerity eterodiretta.

Ma il vero nodo politico è proprio questo: non c’è davvero altra soluzione all’indebitamento?

Dobbiamo continuare a prestare fede al credo neoliberista che la moneta è un “bene scarso”?

La nostra soluzione rimane sempre la stessa: riformare la BCE e trasformarla in prestatore di ultima istanza – sul modello della FED, della Bank of England, della Bank of Japan – con buona pace della Corte Costituzionale tedesca.

 

Il Governo dovrebbe assumersi l’onere – questo sì sarebbe un cambiamento epocale – di adoperarsi seriamente per riformare i trattati istitutivi dell’UE e lo Statuto della Banca Centrale Europea che attualmente prevede come unico scopo dell’Istituto il raggiungimento del target del 2% di inflazione: un feticcio creato ad arte dal pensiero unico ordoliberista a cui le democrazie europee si sono dovute inchinare ormai per troppo tempo.

L’austerity imposta al Sud Europa non ha ripagato il debito pregresso ma, anzi, ha creato le condizioni perché se ne generasse di nuovo, a tutto vantaggio dei grandi fondi di investimento internazionali che speculano sul differenziale tra i titoli tedeschi e quelli degli altri Paesi europei.

 

Le libere democrazie europee hanno il diritto di riconsiderare l’emissione di moneta uno strumento della loro politica di bilancio.

 

 

 

[1] https://www.esm.europa.eu/content/europe-response-corona-crisis

Lettera a Giovanni Falcone

Caro giudice Falcone,

la Sua storia ci racconta di un uomo che è rimasto fedele al patto con lo Stato.

Un patto con lo Stato non negoziabile che, al di là degli onori, sappiamo comportare -per chi lo rispetta- rinunce e privazioni. Anche per gli affetti più cari.

Ecco perché più penso a Lei giudice Falcone e più il mio pensiero volge verso quanti, tutt’oggi, sono impegnati in prima linea contro le mafie: magistrati, forze dell’ordine, istituzioni civili e religiose, insegnanti, madri e padri che con l’esempio ogni giorno danno testimonianza dei più alti valori racchiusi nella nostra Costituzione. Legalità, solidarietà, giustizia.

La Sua morte giudice Falcone non è stata vana. Il Suo ricordo ieri, oggi e domani continua a forgiare le menti di molte generazioni.

Capita che gli adulti siano disillusi, stanchi e rassegnati. Ma è innanzitutto compito dei “grandi”, insegnare ai più “piccoli” il valore della bellezza e della potenza generatrice della parola che smuove montagne. Le parole nelle aule giudiziarie, le parole nelle aule parlamentari, le parole che si scambiano nell’intimità di una casa.

Rispetto e ripudio della violenza si devono sperimentare e testimoniare in ogni luogo. Così, le azioni seguiranno coerenti con la parola ed il pensiero.

Un criminale prima di diventare tale è stato un bambino. Per questo l’impegno quotidiano delle Istituzioni tutte deve essere quello di fornire pari opportunità e mezzi per il diritto all’infanzia e alla formazione. Non dobbiamo lasciare alibi alle mafie, i nostri ragazzi devono poter crescere liberi di scegliere la loro strada.

Giudice Falcone, oggi, nel luogo in cui saltò in aria con il tritolo la macchina in cui Si trovava insieme alla sign.ra Morvillo e agli agenti della scorta, ci sono molte corone di fiori. Una di queste è quella della Commissione parlamentare antimafia. Un segno, solo per ricordare che non abbiamo dimenticato la Sua storia che ha cambiato il corso della nostra storia Repubblica. Lei è riuscito, inoltre, insieme al pool antimafia, a cambiare la percezione delle mafie nel mondo e ad attuare importanti strumenti repressivi e di prevenzione al contrasto alle mafie. Anche a Quantico, in Virginia, visitando quest’anno la sede dell’Accademia dell’FBI ho visto come agenti e ufficiali continuano a ricordarLa con commozione, grande rispetto e gratitudine. E’ grazie a Lei, infatti, che è stato possibile avviare un percorso di cooperazione internazionale contro le mafie.

Le mafie però ed è questa a mio avviso la nuova frontiera delle battaglie antimafia, devono essere abbattute dal punto vista politico ed economico all’origine. Esse, infatti, si nutrono del sistema di sviluppo economico di matrice ordoliberista e mercantilista che fa del profitto l’unico valore da perseguire. In una ricerca patologica del profitto anche a detrimento dei diritti e della dignità della persona.

Oggi Giudice Falcone, mentre commemoro – come milioni di italiani e persone in tutto il mondo- la Sua morte voglio rinnovare l’impegno ad aiutare i vivi.

Da rappresentante delle istituzioni e donna del Sud rinnovo il mio impegno a sostegno di tutte le donne e gli uomini di Stato che oggi, soprattutto nelle periferie dell’Italia, combattono contro le ingiustizie ed i crimini.

Grazie

Dep. Dalila Nesci

Commissione parlamentare antimafia

23.05.2020

 

Mafie: M5s, ampliata azione controllo per le aziende che lavorano con PA

Al “decreto liquidità”, ora in discussione alla Camera dei Deputati, abbiamo fatto approvare un importante emendamento. Sono state ampliate le tipologie di attività che devono essere iscritte negli elenchi fornitori appalti pubblici, servizi, lavori per imprese di settori a rischio di infiltrazioni mafiose.

Gli elenchi in questione, meglio noti come “White List”, istituiti presso ogni Prefettura, mirano a rendere più efficaci i controlli antimafia con riferimento a quelle attività imprenditoriali ritenute maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa.

Saranno dunque sottoposte ai controlli delle Prefetture anche i servizi funerari e cimiteriali, la ristorazione, gestione mense e catering, i servizi ambientali, ivi comprese le attività di raccolta, trasporto, nazionale e transfrontaliero, anche per conto di terzi, trattamento e smaltimento dei rifiuti, nonché le attività di risanamento, bonifica e gli altri servizi connessi alla gestione dei rifiuti.

I nuovi settori, così individuati, sono quelli che nel recente passato si sono dimostrati più permeabili alle infiltrazioni mafiose.

Le attività già sottoposte all’iter di controlli delle Prefetture riguardano, invece, estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti, confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e  di bitume, noli a freddo di macchinari, fornitura di ferro lavorato, noli a caldo, autotrasporti per conto di terzi, guardiania dei cantieri.

Con l’introduzione di nuove tipologie di imprese che possono essere iscritte nelle white list delle Prefetture, rendiamo ancora più efficace l’azione di contrasto alle mafie e limitiamo il loro raggio d’azione. Questa misura potrà aiutare a prevenire molti illeciti, scoraggiare l’illegalità e accendere dei campanelli d’allarme prima che sia troppo tardi. Si potrà scongiurare che imprese in odor di mafia partecipino ad appalti pubblici per servizi ambientali ad esempio. Inoltre, qualora le aziende aggiudicatarie siano colpite da interdittiva antimafia o da informativa negativa, la PA potrà intervenire più velocemente per sospendere i contratti in essere.

#Covid-19 AGGIORNAMENTI DALLA COMMISSIONE SANITÀ SU REAGENTI PER TEST DIAGNOSTICI

La questione dell’irreperibilità dei reagenti sul mercato ha creato qualche difficoltà e rallentamento nei laboratori che processano i tamponi diagnostici per SARS¬CoV-2. Un problema già in via di risoluzione, come vi dicevo ieri durante l’audizione del coordinatore del comitato tecnico scientifico Miozzo (vedi video).

Oggi ha risposto al mio quesito a riguardo la Sottosegretaria Zampa chiarendo ulteriormente sul lavoro del Ministero della Salute e del Dipartimento della Protezione civile anche in ambito europeo.

L’Italia ha partecipato come committente alla gara europea denominata: “SANTE/2020/C3/019: Call for tender for supply of laboratory equipment used in the diagnosis of novel coronavirus (COVID-19).” La gara è stata espletata con procedura d’urgenza, ed è andata a buon fine soddisfacendo completamente le richieste avanzate dagli Stati membri, inclusa l’Italia.

A livello nazionale è stata invece indetta l’11 maggio una “Richiesta di offerta per Test molecolari SARS-CoV-2”, promossa dal Commissario Straordinario per l’emergenza Covid.

Il 18 maggio scorso si è conclusa la “Richiesta di Offerta” per test molecolari SARS¬CoV-2 promossa dal Commissario Straordinario per l’emergenza COVID-19, che ha l’obiettivo di acquisire la massima quantità di kit disponibili, comprensivi di “reattivi e di tutti gli strumenti necessari all’effettuazione dei test molecolari su tamponi delle vie respiratorie per la ricerca molecolare del SARS-CoV-2”.

In particolare, la richiesta di offerta è finalizzata all’approvvigionamento di tre diverse tipologie di test:

– test molecolari rapidi. “Trattasi di sistemi molecolari rapidi e di semplice

utilizzo, ideali per l’applicazione a situazioni che richiedono risultati urgenti, e potenzialmente compatibili con una periferizzazione delle attività (POCR)Q”;

– test molecolari automatizzati. “Trattasi di sistemi automatizzati ad elevata processività, ideali per laboratori ad alto contenuto tecnologico, capaci di coprire tutte le fasi del processo analitico: caricamento del campione, estrazione, amplificazione e lettura del risultato”;

– test molecolari compositi (con estrazione separata dall’amplificazione). “Trattasi di sistemi compositi, in cui le due principali fasi del processo (estrazione ed amplificazione) sono separate, e possono essere realizzate con varie combinazioni delle stesse”.

Dopo aver esaminato le offerte, si concluderà l’aggiudicazione delle forniture e procederà alla distribuzione dei kit.

Tutte le istituzioni preposte, dunque, sono a lavoro senza sosta. Proseguiamo a fare “fiato sul collo” e collaborare per la risoluzione dei problemi. È nostro dovere farlo.

 

#COVID-19 SU TAMPONI, LA POLITICA DEVE RISOLVERE E NON ALLARMARE

Le questioni legate al processo di analisi dei tamponi è molto seria perché legata alla disponibilità dei reagenti che nell’ultimo periodo scarseggiavano sul mercato fino a diventare irreperibili.

In Calabria, ad esempio, avrete letto dello sciacallaggio sul tema tamponi non ancora processati e l’ingiusta accusa politica contro il Commissario Zuccatelli. Prima di parlare e fare attacchi politici bisognerebbe studiare e andare alla ricerca puntuale delle responsabilità altrimenti significa che si sta facendo solo vuota propaganda che danneggia la credibilità delle Istituzioni tutte.

Per via dei rientri di necessità nelle Regioni in cui si è residenti, della possibilità di spostarsi all’interno del territorio regionale e delle grandi quantità di tamponi effettuati anche per volontà precisa di alcuni Presidenti di Regione c’è stato un ulteriore intasamento dei laboratori che processano i tamponi.

Infatti, chi ha approfondito il problema -che non è solo Calabrese- sa che purtroppo c’è stata irreperibilità dei reagenti sul mercato a livello internazionale. Ciò è stato confermato poco fa in audizione alla Commissione Sanità della Camera dei Deputati dal coordinatore del Comitato tecnico-scientifico Agostino Miozzo rispondendo alla mia domanda.

Informo, quindi, che il problema è già in via di risoluzione: lo stesso Miozzo ha ribadito che la “Richiesta d’offerta” finalizzata all’approvvigionamento di 3 diverse tipologie di test è stata conclusa questo lunedì dal Commissario Arcuri. Dunque saranno acquistati tutti i kit disponibili affinché i laboratori delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere deputate a processare i tamponi potranno nuovamente rifornirsi.

Infine ho comunque depositato un atto di sindacato ispettivo sul tema a cui avrò risposta domani. Vi tengo aggiornati.