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COMMISSIONE ANTIMAFIA A LAVORO SU ERGASTOLO OSTATIVO: NECESSARIO INTERVENIRE CON UNA LEGGE

Alla decisione della Corte europea dei diritti umani circa l’illegittimità del cosiddetto “ergastolo ostativo” previsto dalla legislazione italiana, ha fatto eco anche la pronuncia della Corte Costituzionale. E’ illegittimo, secondo la Corte, non riconoscere alcuna premialità ai detenuti in condizione di “carcere duro” ai sensi dell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, anche quando abbiano deciso di non collaborare con la giustizia. Di conseguenza, le premialità verrebbero dunque erogate solo nell’eventualità in cui i detenuti in regime di 4-bis venissero ormai riconosciuti estranei alle dinamiche criminali in ragione delle quali sono stati condannati. Ma quanto è possibile applicare questa logica della “estraneità” nel caso dei mafiosi?
In un Paese come l’Italia su cui la criminalità organizzata si è diffusa e radicata ben prima della nascita della normativa antimafia del 1982, una tale pronuncia della Corte Costituzionale rischia di provocare un terremoto politico e sociale senza precedenti.
Nel Paese europeo, l’Italia, che vanta la normativa più avanzata in materia, stiamo aprendo le porte delle nostre comunità alla possibilità che chi ne ha già violato i diritti possa nuovamente riprendere vigore ovvero alle mafie. Questo non possiamo permetterlo.
C’è un motivo per cui, nel nostro ordinamento, esistono norme che prevedono un trattamento diversificato per chi si macchia di reati di stampo mafioso: i sacrifici dei giudici Falcone e Borsellino ne sono una tragica testimonianza. Le mafie si nutrono inoltre di segnali “culturali” e comportamentali in grado di affermarne anche indirettamente la loro potenza minacciosa e violenta. Ad esempio, la notizia di una possibile uscita del boss mafioso dal carcere, potrebbe rideterminare nuovi equilibri e rafforzarne l’associazione mafiosa. Non si possono dunque sottovalutare queste dinamiche che gli studiosi del contrasto alle mafie conoscono bene.
Per questo motivo, insieme alle Commissioni Giustizia, Affari Costituzionali e Diritti umani, la Commissione Antimafia sta ponendo le basi per la stesura di un nuovo testo di legge che, tenendo conto delle indicazioni offerte dalla Corte Costituzionale, costituisca un nuovo punto di equilibrio tra la necessità di rieducazione nei confronti dei detenuti e la salvaguardia della tutela dei diritti fondamentali della comunità dai soprusi delle mafie.
Non possiamo permettere che il nostro patrimonio normativo in materia di antimafia vada perso, ed è necessario lavorare affinché la ricostruzione della sua legittimità non vada a scapito dell’incolumità dei nostri cittadini. Non possiamo politicamente arretrare in alcun modo sul CONTRASTO ALLE MAFIE.

CALABRIA E SUD ITALIA: URGENTE INTERROMPERE SPIRALE POVERTA’ ED EMIGRAZIONE GIOVANILE

La Calabria è l’unica regione in Italia che non cresce, anzi, retrocede.
Il rapporto 2019 dello SVIMEZ, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, presentato questa mattina, parla chiaro: il PIL calabrese è l’unico a diminuire nel 2018, a causa della performance negativa del settore agricolo e di quello industriale.
Per chi è abituato a masticare l’attualità calabrese, questa notizia non rappresenta alcunché di sconvolgente. Economia, sanità, politica, sviluppo sociale: la Calabria affronta da tempo un travaglio multiplo, nella speranza che qualcosa di buono, non contaminato da politiche arriviste ed irresponsabili, possa vedere finalmente la luce.
Soprattutto, la Calabria -come il Sud in generale- fa i conti con le conseguenze dell’ “esodo del nuovo millennio”: come sottolinea il rapporto Svimez, dall’inizio del 2000, il Mezzogiorno ha visto partire più di 2 milioni di residenti. Sono perlopiù giovani tra i 15 e i 34 anni, che decidono di puntare anche oltre i confini italiani, lontano da un territorio che non ha saputo trattenerli e valorizzarli.
E’ il momento di dire basta allo sfacelo a cui il nostro Sud, d’Italia e d’Europa, sta andando incontro. E’ urgente, ora più che mai, invertire questa tendenza mortifera, figlia di un processo globalizzante che mal digerisce la solidità e l’intrinseca ricchezza delle realtà locali.
Dovere della politica è quello di mettere in condizione ogni regione di offrire prospettive di vita soddisfacenti e stimolanti; che insegnino ai nostri giovani a mettere radici, a rafforzarsi, rendendo, di conseguenza, più solida e sicura anche la terra in cui si stabilizzano.

INTERVISTA:Nesci (M5S): «Caro Luigi, l’uomo solo al comando non basta più, ciclo chiuso»

prima pagina il dubbio

Intervista tratta da -> https://ildubbio.news/ildubbio/2019/11/02/dalila-nesci-m5s-caro-luigi-luomo-solo-al-comando-non-basta-piu-ciclo-chiuso/

«La Calabria è ancora un obiettivo politico del Movimento 5 Stelle». Dalila Nesci, deputata grillina del Movimento 5 Stelle, non ha ancora capito cosa intenda fare il suo partito alle prossime Regionali. Si è proposta come candidata governatrice a giugno scorso, ma fino ad oggi, con le elezioni ad un passo e senza un nome alternativo, ha ricevuto una sola risposta dal capo politico: no, grazie.

Onorevole, Di Maio chiude definitivamente le porte ad altre alleanze col Pd alle Regionali. Verrebbe quindi da pensare: ora Dalila Nesci potrà candidarsi in Calabria. E invece?

E invece no, perché continuano a ripetermi che devo rispettare le regole del Movimento sul secondo mandato. Però nessuno mi spiega perché Giancarlo Cancelleri, eletto due volte consigliere regionale siciliano, può fare tranquillamente il vice ministro delle Infrastrutture e abbandonare il posto all’Assemblea sicialiana.

Dice che può farlo perché ha rinunciato a una carica elettiva per una nomina non elettiva.

Peggio mi sento. Comunque, questa è una prima motivazione politica, intellettualmente non onesta, utilizzata per impedirmi di candidarmi.

La seconda?

Riguarda il contesto calabrese. Siamo arrivati a pochi mesi dall’appuntamento con le urne senza riuscire a concertare nulla col capo politico. È da più di un anno che chiediamo a Di Maio, lo ha fatto anche Nicola Morra, di darci un mandato politico chiaro per organizzare assemblee regionali in vista voto, dato che in Calabria non abbiamo nemmeno dei consiglieri regionali uscenti. E in mancanza di una struttura sul territorio abbiamo sempre fatto fatica ad aggregare persone.

Perché non siete stati ascoltati?

Di Maio ha sottovalutato le difficoltà che ponevamo, anche perché ha avuto parecchi impegni da ministro a cavallo di una crisi di governo. Ma se è vero ciò che mi aveva detto tempo fa, cioè che la Calabria è un obiettivo politico del M5S, mi chiedo: ma è ancora così? Ho qualche dubbio.

Morra suggerisce di “saltare un giro” in Calabria. Crede possa essere una soluzione in mancanza di alternative?

Sarebbe gravissimo. Non capisco perché chi propone di non presentarci non sostiene la mia candidatura, l’unica sul piatto. E dico di più: se Morra volesse candidarsi io sarei pronta a fare un passo indietro. Ma deve metterci la faccia, come sto facendo io.

Perché si oppone alla candidatura dell’imprenditore Pippo Callipo, possibile sintesi tra Pd e M5S?

Perché non si è mai esposto col Movimento 5 Stelle pubblicamente e non ha mai voluto fare un percorso politico comune. Callipo ha addirittura sostenuto altre forze politiche in passato. E non si può rappresentare il Movimento all’ultimo minuto.

Lo stop al dialogo col Pd vale solo in Calabria o anche in Emilia Romagna?

Ho contestato il modello Umbria perché credo che non possa essere esportato in ogni territorio. Le elezioni regionali hanno a che fare col futuro del Movimento e devono essere i territori a decidere. Se vogliamo impiccarci su regole che non esistono più, come quella del doppio mandato, facciamo un favore al solito vecchio sistema, rinunciando a rappresentare i cittadini. Bisogna dire una volta per tutte che il Movimento 5 Stelle ha chiuso un ciclo. Si è visto anche a Italia a 5 Stelle, quando Beppe Grillo ci ha mandato simpaticamente a quel paese per dirci che una determinata stagione politica si era conclusa. Adesso inizia un’altra fase.

Già, ma non è ancora chiaro cosa significhi.

O il Movimento si rifonda, e quindi nasce un vero e proprio gruppo dirigente che superi l’uomo solo al comando, oppure dobbiamo smetterla di prendere in giro i cittadini.

Non crede che il nuovo ciclo passi attraverso una scelta definitiva di campo, spazzando via la vecchia retorica del “né di destra, né di sinistra”?

Io non sono tra coloro che si infatuano delle svolte a destra o a sinistra. Anzi, credo proprio che siano svolte perdenti, fuori dalla contemporaneità. Se non convinciamo più non è colpa dell’inadeguatezza delle idee post ideologiche, ma perché non le sappiamo più interpretare a causa di strumenti non adeguati ad affrontare i conflitti che viviamo. Non dobbiamo svoltare da nessuna parte, dobbiamo costruire la nostra identità politica rivoluzionaria, come avevamo provato a fare attraverso i seminari “parole guerriere”.

Identità a parte. In un partito normale, un segretario che fallisce tutti gli appuntamenti elettorali in un solo anno cede il passo. Perché nel Movimento non può succedere?

Perché non abbiamo creato i presupposti democratici della rotazione. Tutti noi dovremmo lavorare a edificare le condizioni per attraversare un periodo di transizione che ci porti a una nuova dirigenza.

Sembra che Di Maio goda di un oggettivo vantaggio: l’assenza di una leadership alternativa. È così?

Confermo, manca una leadership alternativa a causa di una mancanza di strumenti interni.

Per avere gli strumenti democratici bisogna però trasformarsi in partito.

Non sono tra coloro che non usano la parola partito per chissà quale paura, ma solo perché siamo figli di un’altra epoca. Dobbiamo inventarci un’organizzazione nuova.

L’uno vale uno, ma poi decide un altro, non funziona più?

Abbiamo incarnato a lungo delle idee che ben rispondevano a un determinato momento storico. Ma adesso, con le responsabilità istituzionali che abbiamo, la complessità è aumentata. Se hai voluto la svolta “governista” devi saper rispondere alle nuove condizioni esistenti. Invece siamo rimasti quelli del 2013 ma con la responsabilità di un paese tra le mani.

Per cambiare le cose serve però volontà politica. Qualcuno vorrebbe imporre una scelta a Di Maio: o la Farnesina o la guida del partito. Avverrà mai?

Credo di sì e dovrebbe essere lui stesso a favorire questo processo. Del resto, siamo stati noi a consentire a Di Maio di essere quello che è. E come l’abbiamo fatto diventare capo politico, insieme potremo studiare altre soluzioni.

All’epoca della sua investitura però il Movimento era diverso, non c’era molto spazio per il dissenso, né candidature alternative, il voto sul Blog era una formalità.

Questo non è vero, c’erano figure che hanno scelto di non concorrere: Roberto Fico all’epoca aveva tutte le carte in regola per ambire alla carica di capo politico ma non ha voluto.

Oggi quelle carte non le ha più?

No. E non credo voglia averle, visto che non sembra intenzionato a rinunciare al suo importante ruolo istituzionale.

Se Di Maio decidesse di non presentare liste in Calabria lei continuerebbe per la sua strada?

Fuori dal Movimento 5 Stelle non c’è alcuna possibilità politica. Io non andrò mai via dal mio movimento. Ma dobbiamo onorare i risultati elettorali e la fiducia che i cittadini hanno risposto in noi in tutti questi anni. Ecco perché la Calabria merita una lista vincente del M5S.

COMMISSIONE ANTIMAFIA: HO POSTO AL MINISTRO LAMORGESE ALCUNE DOMANDE NON PIÙ DIFFERIBILI

Questa mattina, in Commissione Antimafia, è stato audito il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, per fare il punto sulle principali questioni di sicurezza interna in merito alla diffusione e alla specializzazione dell’azione mafiosa sul territorio nazionale.
Negli ultimi decenni, infatti, la criminalità organizzata è andata incontro ad un profondo mutamento delle proprie dinamiche e strutture organizzative interne, da cui è emerso un sistema sempre più adattabile ai mutamenti nel campo economico, sociale e politico italiano.
La sempre minore visibilità del suo sistema affaristico, che progressivamente penetra i settori vitali del nostro sistema paese, conferma l’imprescindibilità dell’opera di aggiornamento delle strategie da mettere in campo per fronteggiare la minaccia criminale.
In particolare, proprio in merito a tale opera di penetrazione nell’ambito dello scioglimento degli enti locali per mafia, ho chiesto al Ministro a che punto sia la stesura dell’albo da cui attingere le figure dei prefetti che andranno a costituire la Commissione straordinaria dell’ente sciolto.
Perché un tale albo è così necessario? Come evidenziato nella Proposta di legge a mia prima firma, incentrata sulla modifica della normativa in materia di scioglimento derivante da condizionamento mafioso, è fondamentale che tali figure siano scelte sulla base di precisi criteri di merito ed esperienza.
Inoltre, si prevede che almeno uno dei prefetti componenti della Commissione straordinaria assicuri costantemente la propria presenza all’interno dell’ente o del comune soggetto a scioglimento, al fine di garantire il buon funzionamento della macchina amministrativa che è chiamato a risanare. Non solo, la sua presenza sarà anche un segnale positivo da offrire ai cittadini, che potranno sempre interfacciarsi con chi, in prima persona, si occupa di riattivare l’offerta dei servizi essenziali sul territorio.
Inoltre, rispetto alla composizione della cosiddetta White List, ossia l’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa, ho evidenziato al Ministro l’assenza in tale elenco di alcuni settori cruciali, come i servizi funerari, della raccolta rifiuti e della ristorazione. Ho chiesto dunque se ne si preveda l’aggiunta, e quali altre attività economiche potrebbero esservi ricomprese. Non solo, ho interrogato il Ministro circa la sua opinione rispetto alla possibilità di dare a questo elenco pubblicità diffusa, in modo da renderlo effettivamente trasparente e consultabile da qualsiasi cittadino.
In ultimo, ho sottolineato che la Commissione Antimafia ha ripreso ad indagare sul “Sistema Montante”, dalla cui sentenza si deduce che esistessero rapporti istituzionali da chiarire sotto il profilo dell’opportunità politica, innanzitutto con l’allora Ministro dell’Interno Alfano, di cui l’attuale Ministro Lamorgese era Capo di gabinetto.
Questioni non più differibili, soprattutto in relazione ai dati offerti a livello nazionale, che sempre più certificano la presenza, abilmente mascherata, della mafia nel cuore del tessuto sociale, politico ed economico della nostra società. L’esponenziale aumento del numero di Comuni soggetti a scioglimento per infiltrazioni mafiose ne è un esempio lampante.
Auspico che le risposte a questi interrogativi, che il Ministro Lamorgese riferirà in una successiva seduta, certifichino i caratteri di ampiezza ed incisività che si vorrà imporre alla lotta alla diffusione della criminalità organizzata sul nostro territorio.

SCIOGLIMENTO DEGLI ENTI PER MAFIA: PERCHE’ UNA NUOVA LEGGE E’ FONDAMENTALE

Continuano i lavori di discussione in Commissione Affari Costituzionali sulla mia Proposta di Legge relativa allo scioglimento degli enti locali a seguito di infiltrazioni mafiose.
Ma perché è così necessaria una normativa nuova, più solida ed efficace, in questo ambito?
Ce lo mostrano i numeri: dal 1991 al 2018 sono stati sciolti ben 298 tra enti locali, amministrazioni comunali, aziende sanitarie ed ospedaliere.
41 di questi enti sono stati sciolti due volte, e 14 hanno raggiunto quota tre.
La stragrande maggioranza degli scioglimenti ha avuto luogo in Campania (35%), Calabria (34%) e Sicilia (24%), mentre le Province più colpite sono Reggio Calabria, con ben 59 provvedimenti di scioglimento, e Napoli, che ne ha subiti 55.
Tuttavia, casi sempre più frequenti si registrano nelle Regioni del centro-nord, di cui sono protagoniste il Piemonte, la Liguria, il Lazio e l’Emilia-Romagna.
Le numerose e fortunate inchieste che in questo anno le Forze di Polizia e la magistratura hanno coraggiosamente intrapreso non fanno che ricordarci di quanto la criminalità organizzata sia ben radicata e strategicamente diffusa nel nostro Paese: con l’inchiesta “San Michele”, ad esempio, abbiamo avuto prova del lungo braccio che ‘ndrangheta stende sulla TAV, e con il maxi-processo “Aemilia”, e la connessa operazione “Grimilde”, del livello di pervasività che le cosche calabresi, anche di seconda generazione, hanno in quasi tutte le Regioni del nord.
Segnali che non è più possibile differire un’azione decisa e concreta a sostegno delle comunità che vivono in questi territori, il cui diritto a godere di un’amministrazione sana, solida ed efficiente è costantemente minacciato dai violenti interessi di potere di cui la mafia si fa portatrice.

Vai qui per scoprire di più sulla mia PDL -> https://www.dalilanesci.it/comuni-sciolti-per-mafia-in-commissione-arriva-mia-proposta-di-legge/

#SANITÀ: IL MINISTRO SPERANZA VIGILI SUL CASO CALABRIA, BASTA PRESE IN GIRO SULLE ASSUNZIONI

Qui trovate il video completo della seduta delle Commissioni congiunte Senato – Camera in tema di Sanità.

Questa mattina sono intervenuta durante la seduta delle Commissioni congiunte del Senato e della Camera dei Deputati in tema di #sanità, durante la quale il Ministro della Salute Roberto Speranza ha condiviso le linee programmatiche del suo dicastero.
In particolare, ho ricordato al Ministro l’impegno del governo Conte 1 che ha emanato, e convertito in legge, il c.d. “Decreto Calabria”, proponendolo come uno spartiacque nella gestione sanitaria regionale -che è in forte difficoltà- e fornendo strumenti normativi straordinari per dare risposte in termini di servizi, assistenza e cura.
Tuttavia, dopo la sua entrata in vigore, le dinamiche innescate dal Decreto a livello regionale non trovano corrispondenza nelle assunzioni che urgentemente servono per far lavorare dignitosamente i reparti ospedalieri.
Riguardo alle assunzioni di medici, infermieri, OSS e tecnici, ad esempio, ancora poco incisivi sono stati gli strumenti messi in campo per ovviare all’annoso problema della carenza di personale aziendale ed ospedaliero. Nello specifico, le circa 400 assunzioni approvate tramite il Decreto 135/2019, non appaiono numericamente e per profili rispondere alle esigenze attuali: alcune di queste ricalcano e ripropongono le assunzioni già stabilite dall’ex Commissario ad Acta Massimo Scura che i tavoli di verifica interministeriali non avevano autorizzato in passato. Cosa significa? Che lo sblocco del turnover e la possibilità di assumerne attraverso il c.d. “decreto Calabria” non può in alcun modo diventare una SANATORIA per le illegittimità di Scura. Lo sforzo che si è fatto serve a ripristinare i livelli essenziali di assistenza ovvero il diritto alla salute e non legittimare ancora esigenze elettorali della vecchia guardia politica. Dunque bisogna far scorrere le graduatorie vigenti ed immettere il personale subito disponibile. Ho chiesto al Ministro Speranza di fornire una risposta esaustiva su questi temi e sullo stato di attuazione concreta delle misure previste dal “decreto calabria”. Mi risponderà nella successiva seduta di commissione, dunque vi terrò aggiornati.

VIBO VALENTIA: IN ATTESA DI FALVO NUOVO PROCURATORE, GARANZIA DI EFFICACIA E COMPETENZA

Apprendo con immenso piacere della proposta di nomina che la Quinta Commissione del CSM ha espresso in favore del Magistrato Camillo Falvo quale prossimo Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia. Ad un anno dalla scomparsa dell’ex Procuratore, il dott. Giordano Bruno, avvenuta nel dicembre 2018 durante il quale la provincia del Vibonese ha sofferto di un grave vuoto istituzionale, finalmente è stato indicato un Magistrato profondo conoscitore delle dinamiche criminali del territorio.
Come già evidenziato nel testo di una mia interrogazione, presentata alla Camera lo scorso 25 giugno, quella di Vibo Valentia si posiziona al primo posto, tra le Province italiane, per numero di tentati omicidi, omicidi volontari ed altri gravi delitti, che ne fanno una delle più pericolose a livello nazionale. Inoltre, solo negli ultimi tre anni, la provincia di Vibo Valentia è stata teatro delle principali operazioni antimafia della regione.
Tra queste, l’operazione «Overing», relativa ad organizzazione transnazionale dedita al narcotraffico; le operazioni «Gringia» e «Romanzo Criminale», circa la faida tra le famiglie ’ndranghetiste dei Patania e Piscopisani; l’operazione «Costa Pulita», relativa a due diversi gruppi criminali ’ndranghetisti collegati alla famiglia Mancuso, cosca predominante nell’universo criminale del territorio; l’operazione «Conquista», nei confronti di appartenenti alla cosca dei Bonavota di Sant’Onofrio, per gli omicidi di Cracolici Raffaele e di Di Leo Domenico; l’operazione «Stammer», relativa ad una vasta organizzazione transnazionale dedita al narcotraffico internazionale, che aveva importato tonnellate di cocaina dalla Colombia; le operazioni «Black Widows» ed «Errore Fatale», concernenti alcuni fatti di sangue rispettivamente nelle località di Sorianello e nei confronti della cosca Mancuso
In un siffatto panorama criminale, la nomina di una figura autorevole come quella di Falvo alla guida della Procura di Vibo Valentia potrebbe avere, dunque, ricadute positive per il futuro sviluppo del tessuto sociale, politico ed economico del nostro territorio.
E’ necessario che tutte le istituzioni, ed in particolare quelle presenti a livello locale assumano credibilmente le responsabilità di cui sono investite al fine di risollevare le condizioni del Vibonese, prostrato da attività ndranghetiste ed afferenti alla massoneria deviata, che ne stanno progressivamente impoverendo e spopolando il territorio.
L’esperienza di Falvo e il ruolo da lui ricoperto in numerose inchieste svolte in ultimo presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ne anticipano l’incisività e l’efficacia che, sono certa, caratterizzerà la sua attività d’inchiesta sul nostro territorio, ingenerando fiducia nella comunità per il ristabilimento dei principi di legalità e giustizia.

#PresaDiretta sulla sanità Vibonese cita mio lavoro parlamentare

Vibo Valentia si attesta ormai da tempo agli ultimi posti di molte classifiche nazionali in materia di vivibilità, tanto per la scarsità dei servizi che delle opportunità lavorative. Una zona dove la ‘ndrangheta ha impoverito il territorio, e contaminato parte dell’economia sana. Vibo Valentia è anche la provincia in cui ho condotto battaglie poderose per il diritto alla salute dei miei concittadini, che in Calabria ho spesso dimostrato non essere garantito. In questi anni ci siamo fatti tanti nemici e le mie denunce hanno riacceso i fari sulla sanità calabrese. Esistono intere famiglie dilaniate da lutti e cittadini che quotidianamente lottano contro un sistema che li mortifica e di cui si dimentica. Io sarò sempre la loro voce, e chiedo che le istituzioni sane presenti sul territorio si uniscano contro i poteri malati che uccidono la speranza di una vita dignitosa. Al Ministro della Salute Roberto Speranza il dovere, dunque, di attuare presto il #DecretoCalabria, assumendo il personale che assicuri l’assistenza di cui c’è bisogno e di individuare ai vertici delle Aziende Sanitarie Calabresi persone libere, che abbiano titoli e competenze reali per prendere le decisioni che servono. Non c’è più tempo da perdere.

Articolo: Calabria, deputata M5s Nesci: ‘Mi autocandido presidente. Serve deroga alle regole? Svolta governista ha cambiato tutto nel Movimento’

ARTICOLO tratto da Il Fatto Quotidiano

 

Il capo politico del Movimento 5 stelle Luigi Di Maio a giugno le ha già risposto che era “complicato” candidarla alla presidenza della Regione Calabria. Ma la deputata al secondo mandato Dalila Nesci insiste e, a ilfattoquotidiano.it, ribadisce la sua offerta e liquida le resistenze dei colleghi come “ragionamenti di opportunità politica sulle nostre regole”. Per farla correre infatti servirebbe una deroga: permetterle di dimettersi dal Parlamento e quindi di correre per la Regione. A chi la accusa di volerlo fare per la poltrona e allungarsi la vita dice: “Sono elucubrazioni mentali”. E cita il caso del consigliere regionale siciliano Giancarlo Cancelleri che è da poco diventato viceministro: “Anche a a me ha stupito”. E commenta: “La svolta governista ha cambiato tutto nel Movimento 5 stelle”. Alcuni parlamentari calabresi, in linea con il patto civico già sperimentato in Umbria in queste settimane, hanno proposto due candidati civici, ma per lei non sono condivisibili: “Se in Calabria, dopo 10 anni di M5s, non siamo in grado di esporre un candidato nostro, vuol dire che questo progetto culturale non siamo riusciti a farlo avanzare”.

Nesci conferma la sua autocandidatura alla Regione Calabria?
La mia non è una proposta autoreferenziale. In Calabria, dove non abbiamo nemmeno un consigliere regionale, il M5s è il primo partito. Nonostante tutti i dubbi e la confusione che abbiamo generato nell’elettorato con il governo adesso con il Pd e prima con la Lega, confermando di essere in grado di dialogare in maniera trasversale con le altre forze politiche, penso che il nostro elettorato in Calabria si aspetti da noi una rappresentanza del Movimento forte e battagliera. In tempi non sospetti, ho fatto questa proposta al mio capo politico. Penso che la mia figura potrebbe aggregare una squadra.

Il Movimento però, su Rousseau, ha votato per un “patto civico”.
Per me quest’apertura significa che il M5s, con il suo simbolo, la sua storia e il candidato a presidente, può fare da garanzia affinché ci sia un’aggregazione con liste civiche trasversali. Perché non vorrei che sia sempre un civismo che guarda al centrosinistra. Penso che dobbiamo aprirci a quei comitati e a quelle aggregazioni di cittadini che possano avere a cuore sia ideologie di centrodestra che di centrosinistra.

Nei giorni scorsi una decina di parlamentari calabresi ha fatto una riunione alla Camera e da quella stanza sono usciti i nomi di due ipotetici candidati: l’imprenditore Pippo Callipo e il vicepresidente dell’Associazione medici per l’Ambiente (Isde) Ferdinando Laghi.
La mia candidatura parte da giugno. È vero che i miei colleghi non vogliono spingere sulla deroga alle nostre regole e io comprendo benissimo la loro linea. D’altro canto quei nomi che girano sono proposte che vengono da alcuni parlamentari. Non c’è nessuna linea stabilita.

Quindi lei non condivide quei nomi?
No. Non condivido che a rappresentare il Movimento 5 stelle ci siano persone esterne e che, secondo me, non possono giocarsela a livello di campagna elettorale. Il mio non è un no alla singola personalità perché Callipo è un buon imprenditore e Laghi è un medico ambientalista e una persona seria con cui abbiamo fatto tante battaglie. Penso che ci voglia una figura politica del M5s, attorno alla quale si aggreghino tutte le forze sane della Calabria.

Perché i suoi colleghi sono contrari?
Loro non vogliono fare una deroga per il mandato. Io sono al secondo mandato. Dovrei interrompere il mio e candidarmi alla presidenza. Io ho specificato che mi dimetto da parlamentare e mi candido se la mia candidatura è voluta dagli iscritti e, in primis, ovviamente dal capo politico.

Ma Di Maio cosa le ha risposto?
Mi ha detto che è complicato modificare la regola del secondo mandato come eccezionalità e deroga per la Calabria. Ha apprezzato che io mi sia messa a servizio del Movimento: vorrei sapere quale parlamentare dice che si dimette per candidarsi in una Regione complicata come la Calabria…

Lei è pronta a dimettersi per candidarsi?
Certo. Mi dimetterei da parlamentare se la mia candidatura fosse accettata dagli iscritti e, ribadisco, se il capo politico volesse aprire a questa deroga.

Lei è già al secondo mandato e, candidandosi per la Regione, avrebbe garantito almeno un posto da consigliera per altri cinque anni. Non teme che l’accusino di volerlo fare per la poltrona?
Io quando mi sono proposta a Di Maio c’era un governo saldo con la Lega. La caduta del governo è stata improvvisa per tutti. Ognuno fa le analisi o le sue elucubrazioni mentali. La verità è questa. Parla per me il mio percorso politico. Non ho mai fatto ragionamenti di condominio o di collegio. Su di me ci sono tante richieste e aspettative. Ho il dovere di fare al nostro elettorato una proposta. Non me ne frega nulla delle critiche personali, voglio dare una chance alla regione che sta morendo e che noi stiamo per riconsegnare ai soliti partiti.

Pensa che qualcuno nel Movimento la stia ostacolando?
Io non vedo ostacoli personali nei miei confronti. Casomai ragionamenti di opportunità politica sulle nostre regole che non tutti vogliono cambiare. Anche io sono rimasta stupita che Cancelleri abbia lasciato il suo mandato per fare il viceministro. Sono contenta per lui e spero che possa fare un buon lavoro. La svolta governista ha cambiato tutto nel Movimento 5 stelle.

Quindi esclude accordi con il Pd alle Regionali?
Ribadisco che se il candidato a presidente è del Movimento 5 stelle si fanno ragionamenti politici con tutte le aggregazioni politiche o civiche che si vogliono. Ma aprire al Pd di Oliverio, per me non se ne parla proprio. Ne tanto meno aprire a chi quel sistema lo ha sostenuto.

E al Pd di Zingaretti?
Io non ho capito chi è, in Calabria, il Pd di Zingaretti. Ho delle remore che il Pd riesca in poco tempo a fare pulizia. Non vorrei replicare il modello umbro.

E se la sua candidatura viene bocciata?
Ribadisco che la mia non è una proposta personale, egocentrica e autoreferenziale. Il capo politico farà le deduzioni e io mi adeguerò alle sue scelte. Se in Calabria, dopo 10 anni di M5s, non siamo in grado di esporre un candidato nostro, vuol dire che questo progetto culturale non siamo riusciti a farlo avanzare. Anche se è un buon imprenditore, è normale che il Movimento esprima una forza esterna come Callipo? All’ultimo minuto, pescare esternamente non la trovo una garanzia.

SUPERTICKET? ANDIAMO OLTRE: RAGIONIAMO SU COME RIPARTIRE IL FONDO SANITARIO NAZIONALE

Una delle sfide attuali a cui il Servizio Sanitario Nazionale deve far fronte riguarda la sua equità e capacità di rispondere ad un diritto universale, quale quello alla salute. Si deve tradurre nella capacità di ciascun servizio sanitario regionale di rispondere ai bisogni di salute che esprime ciascun cittadino e la sua comunità di riferimento. La proposta proveniente dal Ministro Speranza –che, per la verità, non è il primo a proporlo- di abolire il cosiddetto superticket e rimodulare il ticket sulla base del reddito di chi ne usufruisce, potrebbe sicuramente essere il primo passo importante verso un SSN meno diseguale e non discriminatorio. Tuttavia, tutto ciò non basta: non dobbiamo pensare che parlare di “ticket” sia la panacea per tutti i mali di cui è affetta la sanità. È necessario operare un profondo mutamento nel metodo di ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale (FSN) sul territorio, abbandonando parametri obsoleti quale quello della quota capitaria, senza però cedere a egoistiche spinte autonomistiche. Dobbiamo attuare una rivoluzione culturale che ridefinisca la quota da assegnare ad ogni Regione in virtù delle reali e diversificate necessità della comunità che abitano quei territori. Come ho proposto io alla Camera dei Deputati (qui trovate il link alla risoluzione)  nuovi criteri di riparto delle risorse economiche dovrebbero comprendere la valutazione dell’incidenza di determinate patologie o inquinamento ambientale, le eventuali carenze infrastrutturali, le condizioni orografiche e demografiche così come quelle di deprivazione economica che, inevitabilmente, determinano effetti pesanti anche sui costi dei servizi di assistenza e sulla loro effettiva fruizione. Lavoriamo alla prossima legge di bilancio con una visione di lungo termine e con l’idea di alimentare una rivoluzione della sanità così come oggi la conosciamo: l’aumento dell’età media della popolazione, le nuove tecnologie e lo sviluppo di una concezione olistica del benessere psico-fisico dell’uomo, necessitano di essere affrontate con l’impegno di una politica coraggiosa.