La Calabria è l’unica regione in Italia che non cresce, anzi, retrocede.
Il rapporto 2019 dello SVIMEZ, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, presentato questa mattina, parla chiaro: il PIL calabrese è l’unico a diminuire nel 2018, a causa della performance negativa del settore agricolo e di quello industriale.
Per chi è abituato a masticare l’attualità calabrese, questa notizia non rappresenta alcunché di sconvolgente. Economia, sanità, politica, sviluppo sociale: la Calabria affronta da tempo un travaglio multiplo, nella speranza che qualcosa di buono, non contaminato da politiche arriviste ed irresponsabili, possa vedere finalmente la luce.
Soprattutto, la Calabria -come il Sud in generale- fa i conti con le conseguenze dell’ “esodo del nuovo millennio”: come sottolinea il rapporto Svimez, dall’inizio del 2000, il Mezzogiorno ha visto partire più di 2 milioni di residenti. Sono perlopiù giovani tra i 15 e i 34 anni, che decidono di puntare anche oltre i confini italiani, lontano da un territorio che non ha saputo trattenerli e valorizzarli.
E’ il momento di dire basta allo sfacelo a cui il nostro Sud, d’Italia e d’Europa, sta andando incontro. E’ urgente, ora più che mai, invertire questa tendenza mortifera, figlia di un processo globalizzante che mal digerisce la solidità e l’intrinseca ricchezza delle realtà locali.
Dovere della politica è quello di mettere in condizione ogni regione di offrire prospettive di vita soddisfacenti e stimolanti; che insegnino ai nostri giovani a mettere radici, a rafforzarsi, rendendo, di conseguenza, più solida e sicura anche la terra in cui si stabilizzano.