“Entra nel gioco e gioca la tua parte”.
È una frase tratta da una delle mie canzoni scout preferite, Cenerentola. Un invito semplice ma potente a vivere la propria vita da protagonisti. In fondo, c’è una domanda che attraversa tutte le stagioni dell’esistenza:
“Mi sto avvicinando alla versione di Me che desidero essere?”
Quella versione autentica, che riflette le mie inclinazioni più vere e fa sviluppare i miei talenti?
È proprio la ricerca di una risposta a questa domanda che dà senso e direzione alla nostra vita.
Ieri ho ascoltato con grande interesse un intervento di Mons. Gianfranco Ravasi, durante un convegno alla Camera dei Deputati, dedicato alle grandi transizioni e questioni che definiscono il nuovo mondo in divenire. In un contesto così complesso, istituzioni e società sono chiamate ad agire, sì, ma a partire da valori fondamentali, non negoziabili.
E qui tocchiamo un nodo centrale: oggi ci sentiamo smarriti, facciamo fatica a immaginare nuovi mondi, nuovi modi di esistere. Perché?
Perché manca un’idea condivisa e oggettiva di “natura umana”. E così cediamo alla tentazione del relativismo, della radicalizzazione dell’individualismo, pensando che bastino a rispondere alle domande eterne che abitano la condizione umana.
Eppure, una risposta vera esiste: è la relazione con l’altro che ci rende persone.
Senza riconoscere l’altro, non possiamo essere visti davvero. Non riusciamo a definire chi siamo, né ad accettare le nostre fragilità comuni.
Il cuore di ogni relazione è l’innamoramento dell’altro e, attraverso di esso, di sé stessi. Un amore che è insieme compassione ed eros, un’energia potente che genera creatività, passione, tenerezza.