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Intervento odierno alla Camera: Dalila Nesci

Intervento su pregiudiziali Decreto Natale

Gentile Presidente,
Gentili Colleghi,

all’esame odierno dell’Assemblea vi sono le questioni pregiudiziali, sollevate dalle opposizioni, al disegno di legge di conversione del decreto 18 dicembre 2020, n. 172, (il cosiddetto Decreto Natale) recante ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del virus Covid-19.

Il Decreto si pone il duplice obiettivo di varare misure urgenti per le festività natalizie e di contemperare la chiusura di determinate categorie produttive, particolarmente colpite dalle restrizioni alla circolazione, con un contributo a fondo perduto.

Nonostante il mondo intero abbia salutato con grande sollievo l’approvazione da parte delle autorità sanitarie dei vaccini anti-Covid è inconfutabile che – per ragioni squisitamente farmacologiche e per ragioni prettamente logistiche – il loro reale apporto all’appiattimento della curva del contagio non potrà che avvenire nell’arco di qualche mese, se non addirittura di un anno.

Medio tempore non conosciamo altra soluzione che limitare i contatti tra gli individui.

Lo abbiamo detto più volte: stiamo vivendo un momento storico. Non è certo questa la prima pandemia che ha colpito l’intera Umanità ma è senz’altro la prima volta nella storia che l’Essere umano tenta di governarne le sorti.

E lo fa con gli strumenti a sua disposizione: la legge e la scienza.

Prova ne sia ciò che stato deciso anche dai nostri vicini europei:

in Germania lockdown totale dal 16 dicembre al 10 gennaio.
Dal 24 al 26 dicembre massimo 4 persone a tavola;
in Francia massimo 6 con coprifuoco dalle 20 alle 6;
in Spagna sebbene ogni comunità abbia adottato regole diverse si è scelto ovunque la linea dura: a Madrid non più di 6 persone a tavola e in Catalogna non più di 10.
in Austria lockdown totale dal 26 dicembre con ristoranti e negozi chiusi.
In Belgio, a Natale si è potuto far entrare in casa una sola persona: due ospiti per chi rimaneva solo la sera del 24 e 25 dicembre;
In Olanda lockdown fino al 19 gennaio con stop ai negozi non essenziali, scuole, cinema, palestre e parrucchieri;

E così anche fuori della UE:
come in Svizzera: fermi ristoranti, palestre e centri sportivi. Negozi chiusi alle 19. Massimo 10 persone a tavola;
e come nel Regno Unito dove il temporaneo alleggerimento delle restrizioni deciso Westminster ha comportato che Scozia e Galles provvedessero a disporre un limite alle riunioni in casa.

Certo, un anno fa, nessuno di noi avrebbe mai creduto che fosse necessario arrivare a tanto.

Onestamente, però – e lo dico con il massimo rispetto verso le opposizioni – anche in considerazione di quanto stabilito negli altri paesi europei… si può davvero affermare che non esistano profili di straordinaria necessità e urgenza quando si tratta di prevenire l’aggravamento dell’emergenza epidemiologica in un periodo di due/tre settimane durante il quale è facilmente prevedibile un aumento dei contatti tra estranei?

Questa banale eccezione – alla base della questione pregiudiziali all’esame – ci trova totalmente in disaccordo.

Anzi, ci disarma.

Perché le forze politiche che hanno la responsabilità di governare Regioni popolose come stati europei – e che con le delibere delle loro Giunte limitano la libertà personale dei propri cittadini in nome del principio costituzionale del diritto alla Salute – non possono onestamente muovere critiche a Roma se, per lo stesso principio, in un contesto di straordinaria necessità e urgenza, si decretano misure maggiormente restrittive su tutto il territorio nazionale per un periodo così particolare dell’anno.

Ma, allora, cominciamo a dire con fermezza qual’è stato il vero problema nell’affrontare la Pandemia.

Non l’uso dei DPCM da parte del Presidente Conte – altro tema presente nelle questioni pregiudiziali di oggi – che è stato utilizzato come mezzo eccezionale in un momento eccezionale ma sempre nell’alveo della Costituzione… e a maggior ragione, direi, visto che la normativa prevista nei DPCM viene ripresa dal Decreto Legge in esame e quindi inserita in una fonte di diritto primario peraltro sottoposta alla conversione in Legge.

Non i DPCM, quindi, ma questo sistema pseudo-federalista nato con la Riforma del Titolo V della Costituzione che – su materie fondamentali come la Salute – ha consentito la nascita di un “leviatano” con 20 teste regionali (e 2 provinciali a statuto speciale).

Parliamo di questo, allora: possiamo ancora permetterci una legislazione concorrente sulla Sanità?

Si è visto con i dati epidemiologici richiesti dal Ministero della Salute: il dato il vero driver che avrebbe potuto aiutare a prendere decisioni rapide e corrette.

Venti sistemi informatici diversi.

E’ come se la rete ferroviaria italiana fosse costituita da venti tipi di binari differenti ed ogni volta, per passare una Regione, fossimo costretti a cambiar treno.

Questo è stato il federalismo all’italiana.

Ma torniamo al Decreto Natale e mi accingo a concludere. Con una domanda, rivolta a chi solleva le questioni pregiudiziali.

Siete davvero sicuri che 330.000 ristoratori e 150.000 baristi italiani condividerebbero le Vostre eccezioni costituzionali al Decreto Natale, fondate sulla non necessità e urgenza del dispositivo?
Un Decreto che prevede un contributo per queste categorie di ben 645 milioni di euro a ristoro delle perdite subite dalle restrizioni?

Grazie Signor Presidente.